domenica, giugno 29

In Bruges



Sono pochi i registi che riescono a fornire una prima prova convincente, ma ancora meno sono quelli che riescono a mantenere le aspettative con il secondo film o addirittura a superarsi.

Ecco io spero vivamente che quest’ultimo sia il caso di Martin McDonagh, famoso in Irlanda ed in Inghilterra per le sue opere teatrali e vincitore nel 2006 del premio Oscar per il miglior corto (“Six Shooter”), ora al suo primo e sorprendente lungometraggio, un ottimo noir che viaggia parallelamente sui binari della commedia, dalle tinte e dall’umorismo nerissimo, e il dramma, dal forte respiro scorsesiano.

Bruges non è solamente una delle più belle città del Belgio, meta giornaliera di turisti provenienti da tutto il mondo per il suo fascino medievale, le sue architetture gotiche, i suoi canali e le sue birre, è anche la destinazione scelta come rifugio da due killer londinesi, Ray (Colin Farrell) e Ken (Brendan Gleeson), costretti ad abbandonare la capitale inglese in attesa che le acque si calmino, a causa di un lavoro andato storto: infatti Ray al suo primo incarico ha ucciso per fatalità anche un bambino, atto che si rivelerà essere il fattore scatenante che metterà in moto suo malgrado gli eventi.

Non solo, in realtà Bruges è qualcosa di ancora più profondo, è la rappresentazione terrena del purgatorio, dove le anime delle persone sono costrette ad aspettare che venga deciso il loro destino e le coscienze devono fare i conti con le proprie azioni, passate e future.
Così la vacanza forzata per Ray, giovane ed inesperto, diventa fin da subito insostenibile, dilaniato dal rimorso e tormentato dal ricordo del suo errore, al contrario di Ken, molto più navigato nel suo lavoro perciò ormai rassegnato a quella vita e quindi felice di rilassarsi per qualche giorno facendo il turista, fra giri in gondola, visite ai campanili e mostre d’arte.

Fra un dipinto di Hieronymus Bosch ed una chiesa, i due troveranno il tempo di riflettere ma soprattutto avranno modo di cambiare i loro punti di vista e le loro sensazioni, imparando qualcosa l’uno dall’altro: Ray complice l’incontro con una ragazza del posto, Chloe, sarà finalmente ad un passo dalla felicità e dalla tranquillità tanto agognata, mentre Ken, proprio grazie al dilemma interiore del suo amico, riuscirà ad intravedere uno spiraglio di speranza per cambiare in meglio la sua intera esistenza e si troverà di fronte a delle scelte tremendamente importanti che lo porteranno a scontrarsi con una terza persona a cui deve molto, Harry (Ralph Fiennes), il loro capo, che ha dei piani ben precisi per i due assassini.
Harry oltre ad essere il loro boss, a suo modo rappresenta il giudizio finale, colui che deve ad ogni costo far rispettare le regole e ristabilire l’equilibrio, deciso a punire perché certo del fatto che da un errore non possa assolutamente nascere un insegnamento ma solo un castigo, sicuro delle sue idee perché sorretto da solidi principi morali che rispetterà fino alla fine, tragica ma perfetta!

Tutto questo sullo sfondo di una città da cartolina, che a ben vedere si trova al centro del film dal principio alla conclusione, offrendo molto di più di semplici attrazioni turistiche ai due ignari visitatori e agli spettatori stessi, a cominciare da personaggi surreali, incontri inaspettati, set cinematografici, amori scaturiti da inganni, risse internazionali e scontri fra culture differenti, promesse mantenute ed altre tradite, ma più di ogni altra cosa svolte decisamente inaspettate!

McDonagh sfrutta la sua lunga esperienza teatrale per scrivere una sceneggiatura praticamente impeccabile, grazie a dei dialoghi intelligenti ed arguti, estremamente divertenti, spesso sopra le righe, quasi sempre distanti dalla trama e dai personaggi, di tarantiniana memoria (“Pulp Fiction” su tutto), con punte eccessive che sfociano nel grottesco, ma perfettamente in linea con le intenzioni dell’autore, ovvero cercare di sdrammatizzare la storia raccontata e di spiazzare lo spettatore insistendo sulla piega imprevedibile degli eventi, mantenendo alta l’attenzione senza dover per forza ricorrere ad inutili sequenze d’azione, che lo avrebbero penalizzato accomunandolo a certi lavori di registi come Guy Ritchie, ma puntando di più sulla messa in scena, con tempi e ritmi altrettanto incalzanti.

Tutto in “In Bruges” rimanda al teatro e alla migliore arte della scena, dalla fotografia di Eigil Bryld alle scenografie di Michael Carlin, passando per i costumi di Jany Temine e le musiche di Carter Burwell, ma forse quello che colpisce di più è la grande prova di recitazione dell’intero cast, a cominciare da Colin Farrell, grezzo, lunatico, stralunato e vulnerabile, proseguendo con Brendan Gleeson, pacato ed equilibrato ma altrettanto combattuto, e Ralph Fiennes, spietato e psicolabile, in grado di intimidire nonostante rimanga fuori campo per buona parte del film ed entri in scena prepotentemente solo verso le battute finali, concludendo con i numerosi personaggi “secondari” ma ugualmente necessari, come Clémence Poésy, la ragazza incontrata da Ray e Jordan Prentice, il nano che sta girando un film proprio nella cittadina fiamminga.

Un’opera prima, quella di McDonagh, che riesce nel suo intento di sorprendere, inanzitutto perché assolutamente inaspettata e senza alcuna presunzione di nessun tipo, e in secondo luogo perché consegna al mondo del cinema uno dei registi più interessanti e talentuosi in circolazione, da tenere sicuramente d’occhio!

martedì, giugno 24

Summer Sound 08



Anche quest'anno non potevo non fare la mia solita selezione primaverile/estiva con i miei pezzi radiofonici preferiti.

Quella foto comunque era troppo bella, dovevo assolutamente usarla, spero che il proprietario non se la prenda a male.

EDIT: per tutti quelli che chiedevano i titoli, si possono leggere nel retro della copertina, copertina che potete scaricare insieme a tutta la compilation da questo link!

sabato, giugno 21

Burn After Reading trailer e poster



Questi due vogliono superarsi e rischiano seriamente di riuscirci.

Siamo più dalle parti de "Il grande Lebowsky" che da quelle di "Fargo" o del recentissimo "No country for old man", il che non può che farmi piacere, visto che a tutt'oggi "The Big Lebwski" rimane il mio preferito (nonostante abbia amato gli altri titoli sopracitati e gran parte della filmografia dei Coen Bros), se poi andiamo a vedere il cast non posso fare altro che iniziare ad attenderlo in maniera irritante visto che tra gli altri troviamo Brad Pitt, George Clooney, Tilda Swinton, John Malkovich, J.K. Simmons e Frances McDormand.

La trama e il trailer sono il colpo finale e pure la locandina non è male: Ozzie Cox (Malkovich) è un ex agente della CIA. La sua promessa sposa (McDormand) gli ruba un disco sul quale sono contenute tutte le sue memorie - scottanti segreti di Stato compresi - ma lo dimentica in palestra, dove viene ritrovato dal un allenatore (Pitt) che vuole usarlo per ricattare Cox ed estorcergli del denaro sperando di potersi poi permettere uno o più ritocchini dal chirurgo plastico. A quel punto la CIA interviene, assoldando un killer (Clooney) che risolva il problema.

Uscita prevista in Italia e nel resto del mondo il 12 Settembre, o per chi può andarci al Festival di Venezia come premiere il 27 Agosto.

venerdì, giugno 20

Sms alla Madonna



Ok basta, chiudete la musica e già che ci siete accostate pure i videoclip.

Comunque erano anni che non compravo due cd in una sola settimana, belle cose (L)

giovedì, giugno 19

Forget the Film, Watch the Titles



La prima cosa che colpisce in un film sono sicuramente i titoli di testa, pochi cazzi!

Questo credo l'abbiano capito un po' tutti nel mondo del cinema (Sergio Leone è stato uno dei primi ad usarli, fuck yeah!), così sempre più spesso è possibile gustarsi all'inizio (e alla fine) del film dei piccoli gioiellini realizzati nei modi più disparati, dall'animazione 2d a quella 3d, passando per la motion graphics e vari mix di tecniche di graphic design, come le illustrazioni, il lettering e via dicendo.

"Forget the Film, Watch the Titles" è un archivio in costante aggiornamento, dove è possibile vedere parecchi esempi di questi piccoli capolavori, tra cui alcuni che mi permetterei di consigliare, ovvero "Hostage", "kiss Kiss Bang Bang", "Sweeney Todd", "Smokin'Aces" e "Thank you for smoking", però sinceramente andrebbero davvero visti tutti.

Certo ci sono molti titoli di film e corti non proprio conosciutissimi o del tutto sconosciuti e in minor numero titoli tratti da blockbuster, ma questo semplicemente perchè i gestori del sito prima di pubblicare i filmati devono chiedere i permessi ai rispettivi detentori dei diritti, quindi la cosa diventa come sempre piuttosto lunga...

Rimane comunque un progetto molto interessante, non resta che sperare di vederlo crescere con il tempo, intanto si può ingannare l'attesa gustando i video già presenti!

martedì, giugno 17

Quote of the week - Il limite

Il limite della stalla è Gesù,
nella storia dell'uomo non potrà mai avere di più.

Dargen D'amico dal pezzo "Limitato dal poeta", tratto dal nuovo album "Di Vizi Di Forma Virtù"

giovedì, giugno 12

The Demon



La J-Pop con una scelta coraggiosa ha deciso di portare anche in Italia "The Demon", opera prima di un giovane e talentuoso autore coreano, SUK Jung HYUN.

"The Demon" è un manhwa ambientato in un futuro prossimo dove il mondo è uscito provato da una serie di catastrofi naturali, sconvolgimento descritto in appena tre pagine e utilizzato principalmente per installare il contesto della storia, infatti da subito si viene immersi in una società in cui la polizia ha fatto spazio all'esercito e dove la televisione rischia di scomparire per mancanza di guerre e notizie di cronaca.
La pace internazionale che si è venuta a creare con la costituzione di un unico stato però rischia di saltare quando una bomba esplode in pieno centro a Seoul, rivelando un mondo non così perfetto come poteva sembrare...

L'autore mediante quest'opera ha certamente cercato di denunciare la manipolazione dei mezzi di informazione e gli eccessi militaristi (una denuncia politica diretta in primo luogo al suo paese ma più in generale a tutto il mondo) e lo ha fatto mettendo in scena un manhwa dal forte respiro cinematografico, non per niente lui stesso ha dichiarato di essersi ispirato e di essere stato influenzato da Park Chan-wook (regista di "Joint Security Area" e "OldBoy") e Bong Joon-ho (regista di "Memories of Murder" e "The Host"), creando un thriller fantascientifico dalle atmosfere intriganti e dotato di un buon ritmo e di una ricca vivacità narrativa, dovuta oltre che ai misteri e gli intrighi della trama, soprattutto alla parte grafica del progetto!

Non è solo il tratto realistico e preciso a stupire, ma anche l'abilità con cui SUK Jung HYUN è riuscito a sfruttare al meglio i colori, usando tanalità di grigio e di verde scuro per ricollegarsi alle atmosfere cupe e fredde della storia, senza però tralasciare le luci, le scie e le esplosioni decisive nelle sequenze d'azione, con uno stile che ricorda da vicino un certo tipo di animazione (il pensiero sicuramente va all'opera del grande regista Mamoru Oshii, "Ghost in the Shell").

Certo il manhwa non è privo di qualche difetto dovuto molto probabilmente all'inesperienza, in particolare per quanto riguarda la struttura narrativa, difatti alla fine della lettura si ha l'impressione che l'argomento trattato avrebbe meritato più di un solo volume per poter essere sviluppato al meglio, ma in fin dei conti è un problema che passa in secondo piano considerando che si tratta del suo primo lavoro.

Grandi invece sono le aspettative per il suo prossimo progetto, un adattamento cartaceo dell'ottimo film già citato prima "The Host", da cui potrebbe davvero venire fuori un capolavoro!

martedì, giugno 10

Gomorra



Volevo scrivere qualcosa riguardo quello pseudo documentario che risponde al nome di "Gomorra", ma ho trovato una recensione che rispecchia perfettamente il mio pensiero, quindi tanto meglio, tempo risparmiato.

Sull'onda dell'entusiasmo che si era creato intorno a sto film (premi, critica, pubblico, tutti si sono bagnati e hanno iniziato a farsi i pompini a vicenda, spero che non sia così anche per "Il Divo" sennò mi sparo), sono andato al cinema con grandi aspettative, anche perchè era stato promosso persino da recensori di cui di solito mi fido, ma che stavolta mi hanno tirato un gran bel pacco visto che già alla fine del primo tempo volevo tornarmene a casa (tanto non avevo manco pagato il biglietto, per fortuna), ma nonostante tutto ho resistito fino alla fine, se non altro per poter dire ho visto "Gomorra", che merda.

Garrone ha sbagliato tutto, questo non è cinema, forse non sa che non basta cercare di imitare il metodo di narrazione di film come "21 Grammi" e simili per dire guardatemi sono un grande regista!!1!11 a maggior ragione quando la trama è inesistente come in questo caso.

Se non fosse che a sto punto Garrone si farà prendere dai deliri di onnipotenza gli consiglierei di rivedersi "City of God" o film meno conosciuti come "Mala Leche", poi ne riparliamo.

And you can call it Eurotrash (cit.)



Dopo la partita di ieri sera non posso fare a meno di ridere.

Materazzi-Barzagli

il centrocampo del Milan

Camoranesi-Di Natale

Toni

Donadoni

lunedì, giugno 9

Quote of the week - Eventi

Gli eventi cambiano gli uomini.
Gli uomini non cambiano gli eventi.

Da "Infernal Affairs III", terzo capitolo della trilogia degli "Affari Infernali" da cui Scorsese ha tratto il suo "The Departed"

giovedì, giugno 5

Rjd2 - Deadringer



Fa strano vedere artisti del calibro di Moby ricevere lodi ed applausi ogni volta che escono con un album mentre altri produttori musicali sono relegati alla definizione, spesso ingrata, di underground.

Rjd2 è sicuramente uno degli esempi più lampanti, infatti nel 2002 dopo aver prodotto buona parte degli artisti in forza alla Def Jux (etichetta indipendente punta di diamante dell'alternative hip hop) ha dato alla luce il suo album d'esordio, "Deadringer", un disco quasi interamente strumentale assolutamente imperdibile, merito dell'ottimo gusto nello scegliere i campioni: funk, blues, jazz, soul, si legano a spezzoni tratti da film che danno al tutto un sapore dal forte respiro cinematografico!

Rjd2 riesce a riutilizzare chitarre acustiche, batterie, pianoforti, corni, tastiere, trombe, cori gospel e campioni vocali in maniera magistrale, creando atmosfere diversissime tra loro eppure tutte incredibilmente ipnotiche, in certi casi perfettamente retrò e dalle sfumature complesse a tal punto da trascendere i generi iniziali, dal suono dark e psichedelico di "Smoke and Mirrors" alle sonorità tranquille e solari tipiche di metà anni 60 di "Ghostwriter" (forse il pezzo migliore che da solo giustificherebbe l'acquisto dell'album), passando per l'improvvisazione jazz tipica delle jam session presente in "Chicken-Bone Circuit", al suono lo-fi in bilico fra rock e sintetizzatori di "The Horror" o la malinconia blues/soulful di "Work", giusto per fare alcuni esempi.

Insomma un perfetto biglietto da visita che non è bastato però a Rjd2 per uscire dall'underground ed è forse per questo che con il suo terzo disco ha deciso di mollare la Def Jux per un'etichetta più grande cambiando completamente approccio nel modo di fare musica, lasciando stare i campioni decidendo di cantare e di suonare con strumenti veri interamente da solo l'album "The Third Hand", con risultati alquanto discutibili e tremendamente indie pop, ma questa è un'altra storia...

Ghostwriter
Smoke and Mirrors
The Horror
Work
(per scaricare gli mp3, cliccare su "download original")